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Figlio come estensione genitoriale

Aggiornamento: 19 set

L'impatto del narcisismo dei genitori sulla formazione identitaria del Figlio


Non sempre l'atteggiamento del genitore mira ad amare, accogliere ed accettare il figlio per quello che è realmente, per le sue capacità e per i suoi punti di debolezza. Spesso l'atteggiamento genitoriale è volto ad ammirare il proprio figlio esclusivamente in virtù delle proprie gratificazioni narcisistiche.


Quando il genitore è incapace di vedere il proprio figlio per quello che è, lo considera come strumento per realizzare le proprie aspettative di vita deluse, con il rischio che il percorso evolutivo del figlio venga segnato da un desiderio smodato di raggiungere un traguardo sempre più elevato, al fine di saziare la figura genitoriale. Il figlio è trattato come un'estensione narcisistica genitoriale ed è amato sotto ipoteca; amato o rifiutato per quello che fa e come lo fa, per la performance.


Frustrato nel proprio desiderio di essere amato per quello che è dal proprio genitore, in virtù del proprio vero essere, il figlio vive con il timore di perdere l'amore del genitore, qualora non riesca a raggiungere il traguardo del momento. Il figlio è condannato a inseguire una performance sempre più perfetta a discapito delle proprie attitudini, arrivando a mettere da parte i propri desideri, scopi e talenti, convinto che sarà rifiutato e non apprezzato qualora lo faccia. Rischia di essere l'adulto che ha smarrito il senso del proprio Sé e si percepirà soltanto in funzione dell'ovazione del pubblico e non dalla gratificazione per l'espressione del proprio essere, vero ed autentico.


l'immagine rappresenta la tensione emotiva tra un genitore e un figlio, con il tema della pressione e delle aspettative narcisistiche.

Il bisogno di eccellere: la corsa verso un traguardo irraggiungibile


Questo tipo di dinamica familiare porta il figlio a sviluppare un bisogno di eccellere, una ricerca quasi ossessiva del successo, che si riflette non solo nella vita professionale, ma anche nelle relazioni interpersonali. Il desiderio di essere amato per quello che si è, viene sostituito dalla convinzione che solo attraverso il successo e il raggiungimento di obiettivi ambiziosi si possa ottenere affetto e riconoscimento.

Questa spinta a eccellere non nasce, quindi, dal naturale desiderio di autorealizzazione, ma da una profonda paura di non essere accettati se non si raggiungono determinati standard. Ogni successo raggiunto non è vissuto come un traguardo personale, ma come un modo per evitare il rifiuto. Di conseguenza, la persona può sentirsi intrappolata in una corsa senza fine, dove ogni nuova conquista rappresenta solo una temporanea tregua dalla paura del fallimento.


La necessità di conferme esterne: dipendenza dal giudizio altrui


Questo tipo di vissuto crea un bisogno costante di conferme. La persona, che durante l'infanzia ha ricevuto amore e approvazione solo quando ha soddisfatto le aspettative genitoriali, sviluppa una profonda dipendenza dal giudizio altrui. Ogni azione, ogni decisione viene presa in funzione di come verrà percepita dagli altri, piuttosto che dal proprio sentire.

Il timore di deludere, di non essere all'altezza, si manifesta in un comportamento sempre volto a soddisfare le aspettative degli altri. L'individuo vive costantemente in una condizione di precarietà emotiva, in cui l'autostima dipende esclusivamente dall'esterno e non da una consapevolezza interna del proprio valore.


Il timore del fallimento: una minaccia costante all’autostima


La paura del fallimento è un altro aspetto cruciale. L'adulto che è cresciuto in un contesto in cui l'approvazione era condizionata ai risultati, vive il fallimento come una minaccia alla propria identità. Il fallimento non è percepito come una normale parte del percorso di crescita, ma come una prova di incapacità personale, qualcosa che mette a rischio la propria esistenza emotiva e relazionale.

Il timore di fallire porta spesso a comportamenti di evitamento: la persona può rinunciare a cogliere opportunità, temendo di non essere all'altezza. In alternativa, può adottare una strategia di controllo e perfezionismo, cercando di prevenire ogni possibile errore, il che genera ansia e stress cronici.


L’impatto sulle relazioni


Questa costante ricerca di eccellenza e la dipendenza dalle conferme esterne influiscono profondamente sulle relazioni interpersonali. Spesso, chi vive in questo modo tende a proiettare sugli altri le stesse aspettative di perfezione che sente gravare su di sé. Questo può generare incomprensioni, conflitti e una difficoltà a costruire relazioni autentiche, basate sull'accettazione reciproca.

L'individuo che ha imparato a legare il proprio valore alla performance, si sente amato e apprezzato solo quando è in grado di offrire qualcosa in cambio. Nelle relazioni affettive, questa dinamica può creare una distanza emotiva, poiché la persona si sente costantemente sotto esame, temendo che l'altro possa ritirare il proprio affetto in caso di insuccesso.


Come spezzare il circolo vizioso


Il primo passo per rompere questo circolo vizioso è riconoscere l’origine di questi meccanismi. Comprendere che il proprio desiderio di eccellere non nasce da una sana ambizione, ma da una dinamica relazionale disfunzionale, è fondamentale. Attraverso un percorso di psicoterapia psicodinamica, l'individuo può imparare a riconoscere queste dinamiche e renderli utili al proprio percorso di vita.


Conclusione


Il bisogno di eccellere, il timore del fallimento e la ricerca di conferme esterne sono spesso il risultato di dinamiche familiari disfunzionali, che spingono l'individuo a legare il proprio valore alla performance piuttosto che all'essere. Riconoscere queste dinamiche e intraprendere un percorso di consapevolezza è fondamentale per spezzare questo ciclo e costruire una vita basata su un’autentica accettazione di sé e degli altri.

4o

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